Molto di ciò che avviene in famiglia e a scuola, e persino con i social media su Internet, attira la nostra attenzione sul mondo esterno. Ogni giorno siamo esposti a un interminabile flusso di informazioni attraverso smartphone, tablet e altri apparecchi simili. Per molti adolescenti cresciuti con internet, email, sms e WhatsApp, questo è un aspetto normale della vita. Anche se strumenti come i social network possono aiutarci a stringere amicizie e a rafforzare i rapporti sociali in genere, il rischio è quello di non prestare attenzione ad altri aspetti della nostra vita. Possono passare ore e giorni senza che ci dedichiamo alla nostra vita interiore.
Perché questo dovrebbe essere un problema?
Daniel J. Siegel, autore di libri di successo nel campo della psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza, in uno dei suoi testi più recenti, “La mente adolescente” (2013), spiega come il fatto di non dedicare almeno un po’ di tempo a concentrarci sul nostro mondo interiore o quello delle altre persone significa non allenare quei circuiti cerebrali della mindsight (definita come capacità di “vedere” e conoscere la mente), che sono alla base della conoscenza di noi stessi e della capacità di empatia verso gli altri. Coltivare l’attenzione al proprio mondo interiore significa indirizzare lo sviluppo verso un grado più elevato di armonia e salute.
Esiste una regione nel nostro cervello, la corteccia prefrontale, ancora immatura in età adolescenziale, in grado di creare mappe della mente: grazie ad essa riusciamo a percepire e a immaginare numerosi aspetti della vita mentale, per esempio le emozioni, i pensieri e i ricordi di un’altra persona; queste mappe della mindsight ci fanno “vedere” come anche gli altri abbiano una mente, proprio come noi. Percepire la mente di un’altra persona significa creare nel nostro cervello una mappa di ciò che immaginiamo sia la sua esperienza mentale in un particolare momento, significa cioè sviluppare empatia, ingrediente fondamentale dell’intelligenza emotiva e sociale (alla base del sentimento di compassione per esempio).
L’aspetto interessante è che la mindsight possiamo impararla, e impararla bene, per vivere con più consapevolezza e migliorare il nostro rapporto con noi stessi e con gli altri.
La ricerca ha dimostrato che è possibile sviluppare la mindsight con la riflessione su ciò che avviene dentro di noi, nella nostra vita mentale soggettiva. Semplicemente prestando attenzione alla nostra vita mentale interiore, sviluppiamo nel cervello una serie di fibre nervose che favoriscono una migliore integrazione cerebrale, che si traduce in una maggiore comprensione di noi stessi e degli altri. Ma c’è di più: portando alla consapevolezza le esperienze interne non solo riusciamo a percepire il nostro mare interiore, ma possiamo affinare la capacità di trasformare la nostra interiorità in una direzione positiva.
Con la pratica del tempo dell’interiorità, si sviluppa un particolare stato di consapevolezza chiamato “consapevolezza mindful” o semplicemente mindfulness.
In Italia in tempi recenti si è registrata una maggiore sensibilizzazione verso questi temi e, da un po’ di anni ormai, si sta diffondendo la pratica della mindfulness, che potremmo definire come “la capacità di essere presenti, di focalizzare l’attenzione su ciò che avviene nel momento senza esprimere giudizi e concentrandosi invece sul riconoscimento e accettazione della realtà così com’è”.
Il modello della mindfulness, ideato negli anni ’70 dal medico americano Kabat-Zinn, rivolto originariamente a pazienti affetti da patologie organiche con sintomatologia non trattabile attraverso la medicina tradizionale e per le quali si mirava alla gestione dello stress, dell’invalidità e del dolore – si è esteso al trattamento di vari disturbi psichiatrici, tra cui depressione, ansia, anoressia, disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività.
E’ stata verificata scientificamente l’utilità di questo tipo di pratica su differenti livelli: riduce l’invecchiamento delle cellule e del nostro organismo, agisce potenziando il sistema immunitario, migliora la consapevolezza delle emozioni e la capacità di incanalarle a nostro favore senza restarne travolti, aiuta a integrare le esperienze dolorose, a fronteggiare le situazioni difficili, a diventare più consapevoli di sé e degli altri. Gli effetti benefici riguardano dunque, corpo, mente e relazioni.
Negli ultimi anni l’utilizzo della mindfulness per il trattamento di problemi psicologici in età evolutiva è andato significativamente aumentando: la pratica favorisce l’integrazione cerebrale, aumentando la connettività tra le diverse aree che si attivano e si rafforzano, soprattutto nelle zone della corteccia prefrontale, così immatura in adolescenza; riusciamo bene a intuire l’utilità di un programma basato sul tempo dell’interiorità per i giovani in questa fascia d’età. La scuola può mettere a frutto queste scoperte e sostenere i ragazzi nell’attuazione di un programma in grado di favorire un sano e armonico sviluppo della loro mente. In particolare, pubblicazioni recenti dimostrano come l’acquisizione di capacità di mindfulness sembra essere una competenza centrale al fine di gestire meglio l’impulsività, modulare le emozioni, ridurre l’oppositività a emozioni negative indesiderate, incrementarne l’accettazione, così come ampliare la capacità di provare emozioni positive. Le pratiche di mindfulness potrebbero quindi costituire un elemento innovativo ed efficace per la gestione e riduzione della sintomatologia psichiatrica in adolescenza.